Se c'è una specialità nella quale il Vaticano non verrà mai battuto da
nessuno, è sicuramente quella di rendere celebre ciò che più di ogni
altra cosa vorrebbero tenere nascosto.
E' il caso recente di Sister Farley,
una teologa cattolica che ha scritto un libro intitolato "Just Love: A
Framework for Christian Sexual Ethics" (Semplicemente amore: un
inquadramento dell'etica sessuale cristiana). Pubblicato senza rumore
nel 2006, il libro galleggiava tranquillamente al 142.000° posto nelle
vendite di Amazon, e nessuno sapeva che esistesse. Ma quando il Vaticano
ha deciso, la scorsa settimana, di metterlo ufficialmente all'indice
"per i contenuti non confacenti alla dottrina cristiana", è schizzato in
poche ore al 16° posto nelle vendite.
Commosso, l'editore ringrazia.
Ora
che tutte le maggiori testate americane ne hanno parlato, persino chi
si interessa raramente di questioni religiose è venuto a conoscenza di
questo ennesimo atto di presunzione da parte di un Papa che ha sempre
gestito - e continua a gestire - la Sacra Congrega della Fede come se
fossimo ancora ai tempi dell'Inquisizione. Per questo motivo, ci è
sembrato utile tornare a pubblicare uno dei primissimi articoli su
Joseph Ratzinger, scritto subito dopo la sua elezione a pontefice della
Chiesa romana.
****************************
The Ratzinger Report
"Un
pubblico peccatore fu scomunicato e gli fu proibito di entrare in
chiesa. Egli andò a lamentarsi con Dio. «Non mi fanno entrare, Signore,
perché sono un peccatore». «Di che ti lamenti? - disse Dio - Non
lasciano entrare neanche me!»" (Padre Anthony de Mello, minacciato di scomunica e messo all'indice da Ratzinger).
I
nomi Ivone Gebara, Tissa Balasuriya, Hans Kung, Jacques Gaillot,
Charles Curran, Leonardo Boff, Bernhard Haering, vi dicono qualcosa?
Molto probabilmente no, ed il motivo c'è: sono nomi - di prelati,
vescovi, studiosi, suore, teologi - che il cardinale Ratzinger, nei suoi
lunghi anni al vertice della Congrega per la Dottrina della Fede, ha
voluto far cadere nel silenzio dell'oblio. Sono i pericolosi, gli
eretici, gli scomunicandi più scomodi dei tempi più recenti, ...
...
che vanno ad aggiungersi alla lunghissima lista di nomi iniziata con il
vescovo Ario, "scomunicato" dalla nascente Chiesa di Roma nel terzo
secolo dopo Cristo, e che è giunta a noi carica di tutti i Bogomili, gli
Albigesi ed i Giordano Bruno di ogni epoca storica.
Oggi non li
mandano più al rogo, ma la ferita morale, per gente profondamente
identificata con la propria missione come loro, brucia altrettanto. Il
più importante di tutti, storicamente almeno, è il francescano Leonardo
Boff, uno dei fondatori della cosiddetta "Teologia della Liberazione",
il movimento social-religioso che ebbe la pretesa, nel Sudamerica dei
dittatori degli anni 70/80. di riportare la Chiesa dalla parte della
gente. Boff fu "silenziato" da Ratzinger senza troppi giri di parole, e
fu obbligato a ritirarsi in un monastero, dal quale ha rilasciato
soltanto più qualche intervista isolata. (In una di queste riuscì a
suggerire che il vero eretico, in casa cattolica, fosse proprio
Ratzinger).
Sempre con forti connotazioni sociali, improntate
inoltre al femminismo rampante di quegli anni, fu il messaggio di Ivone
Gebara, la suora brasiliana che Ratzinger obbligò a soggiornare a Roma
per due anni, affinchè "purificasse" il suo pensiero cristiano inquinato
di eresia latino-americana.
Oltre ai teologi della liberazione,
le vittime più illustri di Ratzinger si possono dividere in due gruppi:
quelli che hanno osato suggerire un diritto da parte dei cattolici nel
mondo di contestare certe decisioni prese da Roma, e quelli che hanno
voluto allargare, soprattutto in Oriente, il concetto di spiritualità
cristiana fino ad includere anche altre religioni. Non si può non notare
come ambedue le tendenze avrebbero signifcato per Roma una decisa
perdita di potere su scala globale.
Nel primo gruppo di eretici,
il teologo tedesco Hans Kung propose di rivedere il principio di
infallibiltà papale, stabilito da Leone XIII a fine '800 [prima i papi
era fallibili?], ma si scontrò con l'infallibilità, appunto, di
Ratzinger, il quale gli fece togliere la cattedra in teologia
all'università di Tubinga.
L'americano Charles Curran fece una
fine molto simile, per aver dato voce al dissenso - mai sopito, in
realtà - del clero americano verso le posizioni di Roma sulla
contraccezione e sul diritto a risposarsi dei cristiani divorziati.
Bernard
Hearing, uno dei più grandi teologi del secolo scorso, finì dimenticato
da tutti dopo che Roma gli chiese "ufficialmente" di non esprimere più
il suo dissenso sulla posizione ufficiale della Chiesa, in delicate
questioni di magistero ecclesiastico.
Jaques Gaillot, vescovo di
Evreux, fu destituito nel '95 per aver espresso posizioni troppo
favorevoli ad una più libera sessualità dei cristiani.
Karl
Lehmann, vescovo di Magonza, provò a sostenere il diritto delle persone
divorziate a risposarsi, ma si scontrò contro il doppio muro di cemento
Woytila-Ratzinger.
L'intera Conferenza Episcopale austriaca
provò, nel '96, a spezzare una lancia in favore di una scelta popolare
dei vescovi (elezioni), dell'accesso al matrimonio per i divorziati, e
della possibilità per uomini divorziati di diventare prete. Fu allora lo
stesso Woytila che si preoccupò di ricordare ai colleghi austriaci che
"nella Chiesa la democrazia non esiste".
Sul fronte teologico le
preoccupazioni maggiori per Ratzinger sono giunte dall'Oriente. E' di
qualche anno fa la messa all'indice "postuma" dell'intero corpus degli
scritti di Anthony de Mello, il gesuita indiano, morto nel 1987, che
lottò a lungo con Roma per cercare di gettare un ponte fra il
cristianesimo ufficiale e la dimensione spirituale dell'Oriente.
Stesso
percorso per il teologo dello Sri-Lanka Tissa Balasuriya, che finì
addirittura scomunicato da Ratzinger per aver suggerito che certi
elementi dell'insegnamento cristiano, soprattutto riguardanti la figura
della Madonna, andassero rivisti secondo categorie filosofiche e
culturali più consone alla tradizione orientale. La scomunica fu poi
revocata a Balasuriya quando questi, dopo circa un anno, ebbe deciso di
"rivedere" profondamente le sue posizioni in merito. (E' curioso come un
essere umano possa arrogarsi il diritto di decidere se un altro essere
umano può "comunicare con Dio" oppure no).
Questi solo i casi più
eclatanti, noti a tutti, della lunga gestione di Ratzinger al timone
dell'ex Tribunale dell'Inquisizione, che si è forse rifatto il trucco
per stare alla pari coi tempi, ma che non ha mutato assolutamente nulla
nella sua più profonda essenza ipocrita, repressiva ed autoritaria -
ovvero anti-cristiana per eccellenza.
Se c'è infatti un esempio,
fra i mille prelati "rimessi in riga" da Ratzinger in tutti questi anni,
che li può sintetizzare tutti, è forse quello del vescovo Raymond
Hunthausen di Seattle, il quale fu aspramente redarguito da Roma per il
semplice fatto di aver amministrato la comunione a degli omosessuali.
Hunthausen doveva infatti essersi scordato che il protetto di Ratzinger,
cardinale Law di Boston, può tranquillamente giostrare centinaia di
preti pedofili per tutte le parrocchie d'America, ma che l'omosessualità
è condannata dalla Bibbia, e quindi il gay va respinto e tenuto lontano
ad ogni costo dall'altare di Cristo, anche se non ha mai fatto niente
di male a nessuno. Dura lex, sed lex.
Massimo Mazzucco
Ecco un "classico" firmato da Joseph Ratzinger:
NOTIFICAZIONE UFFICIALE DEL VATICANO
SUGLI SCRITTI DI PADRE ANTHONY DE MELLO SJ
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Il
Padre Gesuita indiano Anthony de Mello (1931-1987) è molto noto a
motivo delle sue numerose pubblicazioni che, tradotte in diverse lingue,
hanno raggiunto una notevole diffusione in molti paesi, anche se non
sempre si tratta di testi da lui autorizzati. Le sue opere, che hanno
quasi sempre la forma di brevi storie, contengono alcuni elementi validi
della sapienza orientale che possono aiutare a raggiungere il dominio
di sè, rompere quei legami ed affetti che ci impediscono di essere
liberi, affrontare serenamente i diversi eventi favorevoli e avversi
della vita. Nei suoi primi scritti in particolare, P. de Mello, pur
rivelando evidenti influssi delle correnti spirituali buddiste e
taoiste, si è mantenuto ancora all'interno delle linee della
spiritualità cristiana. In questi libri egli tratta dei diversi tipi di
preghiera: di petizione, di intercessione e di lode, nonché della
contemplazione dei misteri della vita di Cristo, ecc.
Ma già in
certi passi di queste prime opere, e sempre di più nelle sue
pubblicazioni successive, si avverte un progressivo allontanamento dai
contenuti essenziali della fede cristiana. Alla rivelazione, avvenuta in
Cristo, egli sostituisce una intuizione di Dio senza forma né immagini,
fino a parlare di Dio come di un puro vuoto. Per vedere Dio non c'è che
da guardare direttamente il mondo. Nulla si può dire su Dio, l'unica
conoscenza è la non conoscenza. Porre la questione della sua esistenza, è
già un nonsenso. Questo apofatismo radicale porta anche a negare che
nella Bibbia ci siano delle affermazioni valide su Dio. Le parole della
Scrittura sono delle indicazioni che dovrebbero servire solo per
approdare al silenzio. In altri passi il giudizio sui libri sacri delle
religioni in generale, senza escludere la stessa Bibbia, è anche più
severo: esse impediscono che le persone seguano il proprio buonsenso e
le fanno diventare ottuse e crudeli. Le religioni, inclusa quella
cristiana, sono uno dei principali ostacoli alla scoperta della verità.
Questa verità, d'altronde, non viene mai definita nei suoi contenuti
precisi. Pensare che il Dio della propria religione sia l'unico, è,
semplicemente, fanatismo. "Dio" viene considerato come una realtà
cosmica, vaga e onnipresente. Il suo carattere personale viene ignorato e
in pratica negato.
De Mello mostra apprezzamento per Gesù, del
quale si dichiara "discepolo". Ma lo considera come un maestro accanto
agli altri. L'unica differenza con gli altri uomini è che Gesù era
"sveglio" e pienamente libero, mentre gli altri no. Non viene
riconosciuto come il Figlio di Dio, ma semplicemente come colui che ci
insegna che tutti gli uomini sono figli di Dio. Anche le affermazioni
sul destino definitivo dell'uomo destano perplessità. In qualche momento
si parla di uno "scioglimento" nel Dio impersonale, come il sale
nell'acqua. In diverse occasioni si dichiara irrilevante anche la
questione del destino dopo la morte. Deve interessare soltanto la vita
presente. Quanto a questa, dal momento che il male è solo ignoranza, non
ci sono regole oggettive di moralità. Bene e male sono soltanto
valutazioni mentali imposte alla realtà. Coerentemente con quanto
esposto finora, si può comprendere come secondo la logica dell'Autore
qualsiasi credo o professione di fede sia in Dio che in Cristo non può
che impedire l'accesso personale alla verità. La Chiesa, facendo della
parola di Dio nelle Sacre Scritture un idolo, ha finito per scacciare
Dio dal tempio. Di conseguenza essa ha perduto l'autorità di insegnare
nel nome di Cristo. Al fine pertanto di tutelare il bene dei fedeli,
questa Congregazione ritiene necessario dichiarare che le posizioni
suesposte sono incompatibili con la fede cattolica e possono causare
gravi danni. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso
dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha approvato la
presente Notificazione, decisa nella Sessione ordinaria di questa
Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla
sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 24 giugno 1998,
Solennità della Natività di San Giovanni Battista. + Joseph Card.
Ratzinger, Prefetto + Tarcisio Bertone, Arcivescovo emerito di Vercelli,
Segretario
***********************************************
Scarica tre libri completi di Anthony di Mello (in italiano): DOVE NON OSANO I POLLI / ISTRUZIONI DI VOLO PER AQUILE E POLLI / SADHANA, UN CAMMINO VERSO DIO. I libri, in formato Word, sono già formattati per essere eventualmente stampati su pagine destra/sinistra.
***********************************************
"CARA EMINENZA … "
Lettera aperta: gli omosessuali rispondono al Card. J. Ratzinger
“Per lor maladizion sì non si perde
che non possa tornar l’eterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde”:
Come
Vostra Eminenza sa, con questi versi il cattolico Dante Alighieri salva
nella Divina Commedia[1] l’imperatore Manfredi, “maladetto” (cioè,
scomunicato) dalla Chiesa e il cui corpo fu disseppellito e abbandonato
in terra sconsacrata dal vescovo di Cosenza per ordine di papa Clemente
IV nel 1266 dopo la battaglia di Benevento, nella quale il sovrano svevo
aveva trovato la morte. Ma – dice Dante - nonostante la scomunica della
Chiesa, l’uomo non si perde al punto che l’amore di Dio non possa
tornare da lui fino a quando la speranza dell’uomo è viva, perché
“la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei”[2].
Nulla
potrebbe esprimere, con maggiore chiarezza ed efficacia, da una parte
la inadeguatezza umana in ogni tempo a giudicare il cuore degli uomini,
quand’anche ci provi la Chiesa con le sue “maladizioni”; e dall’altra
parte – per chi ha il dono della fede – la grandezza senza limiti della
impregiudicata misericordia di Dio verso tutti gli uomini, quand’anche
scomunicati dalla Chiesa.
“Chiesa”, Eminenza, non è il papa, non
sono i cardinali, non sono i vescovi, non sono i preti, non sono i
fedeli; “Chiesa” è il papa più i cardinali più i vescovi più i preti più
i fedeli più la loro storia, ma insieme a qualcosa che i cattolici
troppo spesso dimenticano, che è la presenza dello Spirito Santo che dà
forza a coloro che credono e a coloro che sperano, indipendentemente
dalle loro preferenze sessuali: mentre senza lo Spirito, Eminenza, anche
il papa, i cardinali e i vescovi possono errare. Quando si parlerà qui
in seguito di “Chiesa”, si intenderà perciò solo quella
gerarchico-istituzionale rappresentata dall’autorità della Santa Sede e
dalla sua forza cogente sulla coscienza e sull’azione dei fedeli
osservanti, ma non infallibile in tutti i suoi pronunciamenti:
precisamente per questo, nulla vieta di ritenere che anche un intervento
del Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, approvato
da un papa sperabilmente ancora compos sui, possa essere fallibile o
fallace.
Da questa Chiesa ci è venuto infatti ora un documento[3]
su cui occorre riflettere, con serenità e senza estremizzazioni, ma
anche con chiarezza e senza inibizioni, nella consapevolezza, laica e
cristiana insieme, della necessità che soprattutto oggi “sia il nostro
parlare: sì, sì; no, no”.
Scarica il documento completo (ca. 24 pagine).
Massimo Mazzucco
lunedì 16 luglio 2012
Gli USA si inginocchiano
Dopo un braccio di ferro durato quasi sei mesi, l'amministrazione
americana ha dovuto finalmente scusarsi con il Pakistan per i soldati
uccisi "per sbaglio", vicino al confine con l'Afghanistan.
L'impossibilità di continuare a rifornire regolarmente gli oltre 100.000 soldati presenti in Afghanistan, ma soprattutto l'impossibilità di organizzare un ritiro ragionevole di questo mostruoso esercito di invasione - a causa della chiusura del confine - ha obbligato Hillary Clinton ad alzare la cornetta del telefono e a chiamare il suo corrispettivo pakistano Khar.
"Ci dispiace per la morte dei militari pakistani - ha detto - e offriamo le nostre più sentite condoglianze ai loro familiari".
Tutto qui.
Per cavare queste 15 parole dalla bocca del ministro degli esteri americano ci sono voluti più di sei mesi di trattative, di offerte, ricatti e controricatti incrociati. Questo la dice lunga sulla mentalità che regna al Pentagono, ...
.... secondo la quale, per principio, "l'America non deve mai chiedere scusa a nessuno."
Come abbiamo già scritto in precedenza, molti avevano pronosticato che l'Afghanistan sarebbe diventato per gli Stati Uniti un secondo Vietnam. Ora che la conclusione si avvicina, tornano alla mente le penose immagini degli ultimi elicotteri americani che fuggono da Saigon con la coda fra le gambe. La cosa rischia di ripetersi, moltiplicata per 1000, e questa volta avverrà sotto gli occhi di tutti.
Il passaggio a sud infatti sarà concesso, e le tariffe di frontiera resteranno immutate, ma nessuno garantirà mai la protezione dei convogli americani dagli attacchi dei Talebani, che sembrano muoversi in Pakistan come se fossero a casa loro (v. foto).
Se il ritiro dal Vietnam ha rappresentato per gli americani un momento di imbarazzo, questo diventerà per loro un marchio di ignominia indelebile.
Che tutta la vergogna del mondo sia sempre con loro.
Massimo Mazzucco
L'impossibilità di continuare a rifornire regolarmente gli oltre 100.000 soldati presenti in Afghanistan, ma soprattutto l'impossibilità di organizzare un ritiro ragionevole di questo mostruoso esercito di invasione - a causa della chiusura del confine - ha obbligato Hillary Clinton ad alzare la cornetta del telefono e a chiamare il suo corrispettivo pakistano Khar.
"Ci dispiace per la morte dei militari pakistani - ha detto - e offriamo le nostre più sentite condoglianze ai loro familiari".
Tutto qui.
Per cavare queste 15 parole dalla bocca del ministro degli esteri americano ci sono voluti più di sei mesi di trattative, di offerte, ricatti e controricatti incrociati. Questo la dice lunga sulla mentalità che regna al Pentagono, ...
.... secondo la quale, per principio, "l'America non deve mai chiedere scusa a nessuno."
Come abbiamo già scritto in precedenza, molti avevano pronosticato che l'Afghanistan sarebbe diventato per gli Stati Uniti un secondo Vietnam. Ora che la conclusione si avvicina, tornano alla mente le penose immagini degli ultimi elicotteri americani che fuggono da Saigon con la coda fra le gambe. La cosa rischia di ripetersi, moltiplicata per 1000, e questa volta avverrà sotto gli occhi di tutti.
Il passaggio a sud infatti sarà concesso, e le tariffe di frontiera resteranno immutate, ma nessuno garantirà mai la protezione dei convogli americani dagli attacchi dei Talebani, che sembrano muoversi in Pakistan come se fossero a casa loro (v. foto).
Se il ritiro dal Vietnam ha rappresentato per gli americani un momento di imbarazzo, questo diventerà per loro un marchio di ignominia indelebile.
Che tutta la vergogna del mondo sia sempre con loro.
Massimo Mazzucco
E se la Francia rinunciasse al TAV?
Intervista a Marco Cedolin: Tutto il TAV in 18 minuti.
di Marco Cedolin. Stanno tenendo banco in queste ore le dichiarazioni del ministro del bilancio francese Jerome Cahuzac, comparse sul quotidiano Le Figaro, secondo le quali a causa della crisi il governo francese starebbe prendendo in considerazione la possibilità di rinunciare ad una parte dei 260 miliardi di euro di investimenti previsti per la costruzione delle nuove tratte ad alta velocità. Nel novero dei progetti che potrebbero venire tagliati, compare anche la controversa Torino - Lione che, stando alle parole di Le Figaro, si distingue per l'elevato costo previsto di 12 miliardi di euro, a fronte di un traffico merci crollato negli ultimi 20 anni da 11milioni a 4milioni di tonnellate l'anno. Naturalmente la notizia va presa con la dovuta cautela, dal momento che gli interessi della mafia internazionale del tondino ... ... e del cemento sono altissimi e le pressioni volte a tenere in vita il progetto saranno elevatissime ad ogni livello. Mario Virano su tutti, presidente dell'Osservatorio sulla Torino - Lione, si è già attivato per rasserenare gli animi della banda del TAV, assicurando che nel peggiore dei casi anche in Francia penseranno ad un TAV low cost sul modello italiano. Tralasciando le opinioni e le esternazioni di vario genere, quello che è certo è che in Francia verrà presto nominata una commissione di esperti, con il compito di classificare i progetti in ordine di priorità e presentare entro la fine dell'anno una relazione all'interno della quale vengano individuate le tratte meno "convenienti", affinché il governo possa procedere con i tagli.
Magari non succederà, ma se succedesse, gli estremisti del TAV potrebbero ritrovarsi presto rinchiusi come dinosauri dentro al cantiere di Chiomonte, ad inseguire un buco che davvero non vuole più nessuno. Dopo le rinunce ad investire sul TAV che sono recentemente arrivate dal Portogallo, dalla Spagna e dalla Germania, questo primo ripensamento francese dovrebbe comunque essere estremamente indicativo del fatto che il mito dell'alta velocità stia velocemente tramontando, prima ancora del sorgere del sole, con buona pace di Moretti, di Virano e di tutti coloro che si battono da decenni per installare in Val di Susa la Salerno - Reggio Calabria del futuro.
Marco Cedolin
di Marco Cedolin. Stanno tenendo banco in queste ore le dichiarazioni del ministro del bilancio francese Jerome Cahuzac, comparse sul quotidiano Le Figaro, secondo le quali a causa della crisi il governo francese starebbe prendendo in considerazione la possibilità di rinunciare ad una parte dei 260 miliardi di euro di investimenti previsti per la costruzione delle nuove tratte ad alta velocità. Nel novero dei progetti che potrebbero venire tagliati, compare anche la controversa Torino - Lione che, stando alle parole di Le Figaro, si distingue per l'elevato costo previsto di 12 miliardi di euro, a fronte di un traffico merci crollato negli ultimi 20 anni da 11milioni a 4milioni di tonnellate l'anno. Naturalmente la notizia va presa con la dovuta cautela, dal momento che gli interessi della mafia internazionale del tondino ... ... e del cemento sono altissimi e le pressioni volte a tenere in vita il progetto saranno elevatissime ad ogni livello. Mario Virano su tutti, presidente dell'Osservatorio sulla Torino - Lione, si è già attivato per rasserenare gli animi della banda del TAV, assicurando che nel peggiore dei casi anche in Francia penseranno ad un TAV low cost sul modello italiano. Tralasciando le opinioni e le esternazioni di vario genere, quello che è certo è che in Francia verrà presto nominata una commissione di esperti, con il compito di classificare i progetti in ordine di priorità e presentare entro la fine dell'anno una relazione all'interno della quale vengano individuate le tratte meno "convenienti", affinché il governo possa procedere con i tagli.
Magari non succederà, ma se succedesse, gli estremisti del TAV potrebbero ritrovarsi presto rinchiusi come dinosauri dentro al cantiere di Chiomonte, ad inseguire un buco che davvero non vuole più nessuno. Dopo le rinunce ad investire sul TAV che sono recentemente arrivate dal Portogallo, dalla Spagna e dalla Germania, questo primo ripensamento francese dovrebbe comunque essere estremamente indicativo del fatto che il mito dell'alta velocità stia velocemente tramontando, prima ancora del sorgere del sole, con buona pace di Moretti, di Virano e di tutti coloro che si battono da decenni per installare in Val di Susa la Salerno - Reggio Calabria del futuro.
Marco Cedolin
martedì 20 marzo 2012
Italia a pane e acqua
L’ipocrisia della stampa mainstream traspare impietosamente nei titoloni che oggi campeggiano grottescamente sulle prime pagine di quasi tutti i giornali.
“Crolla la spesa delle famiglie, l’Italia è tornata a 30 anni fa” titola angosciata La Repubblica, aggiungendo “Istat l’Italia in recessione tecnica”.
“Famiglie, la spesa ritorna agli anni 80, bollette e trasporti bruciano i redditi”, campeggia sul Corriere della Sera.
“Crollo dei consumi (come 30 anni fa) nuovi record per benzina e diesel", aprono angosciosamente Il Messaggero e Il Mattino di Napoli.
Tutti visibilmente turbati, sconvolti e stupiti per il calo dei consumi, anche alimentari, di un punto e mezzo percentuale, rilevato nel recente rapporto di Intesa San Paolo. Tutti a domandarsi come sia possibile una simile iattura, quasi si trattasse di una calamità naturale sfuggita al satellite e al metereologo.
Ma dov’era tutta la pletora di pennivendoli e camerieri ...
... che compone la fauna del circo mediatico e oggi si finge “preoccupata”, quando negli ultimi mesi l'usuraio che senza averne diritto siede al governo costruiva le premesse di questa situazione e di quelle ben più gravi che sperimenteremo nel prossimo futuro?
Non si trovavano in viaggio premio su Marte, né a fare i cronisti di guerra sulle lune di Orione, ma insozzavano le stesse pagine dei loro giornalacci, con lodi sperticate nei confronti del governo Monti, rappresentando lo stesso come un impavido timoniere che tramite il decreto “salva Italia” avrebbe traghettato il paese fuori dalle sabbie mobili della crisi e della recessione. Plaudivano agli aumenti indiscriminati delle tassse. Sorridevano all’incremento delle accise sulla benzina, sostenevano l’eutanasia del posto fisso e solo un paio di giorni fa condividevano con "lacrima" Fornero la preoccupazione che le famiglie italiane, qualora sostenute economicamente, potessero sedersi a mangiare pastasciutta, da congreghe di fannulloni quali sono.
Perché mai stupirsi delle (prime) conseguenze di una serie di manovre economiche di carattere esclusivamente recessivo, attraverso le quali l’usuraio ha dato il via ad una profonda operazione di trasferimento di ricchezza dalle tasche delle famiglie ai forzieri delle banche di proprietà dei suoi padroni?
Come si può stupirsi del fatto che le famiglie, con il potere d’acquisto dei salari sempre più basso, le prospettive di lavoro sempre più precarie, i prezzi dei generi di consumo sempre più alti, la benzina alle stelle e l’IVA che fra qualche mese raggiungerà il 23%, inizino a consumare di meno?
Giornalisti, , economisti ed imbratta carta che danno vita ai media mainstream erano forse dell’opinione che i “consumatori” italiani avrebbero iniziato a stampare euro nel buio delle proprie cantine, per continuare a consumare a più non posso, nonostante i salassi ed il futuro plumbeo che incombe sulle loro teste? O si sarebbero precipitati in stato di trance all’interno degli ipermercati, per dare vita ad un’ultima cena a base di caviale e champagne, prima di fuggire sotto a un ponte, dove perfino Equitalia non potrebbe pignorare loro nulla?
Gli italiani staranno anche seduti (come dice lacrima Fornero), perché sulla sedia si risparmiano calorie, ma non possono fare altro che mangiare meno pastasciutta e rendere visita più raramente alla pompa di benzina.
A meno che vadano in giro a rubare o vengano stipendiati dai banchieri, come i tecnici ed i giornalisti, non potrebbero oggettivamente fare altrimenti, perché allora tanto ipocrita stupore, dispensato a pioggia su giornali e TV?
Marco Cedolin
“Crolla la spesa delle famiglie, l’Italia è tornata a 30 anni fa” titola angosciata La Repubblica, aggiungendo “Istat l’Italia in recessione tecnica”.
“Famiglie, la spesa ritorna agli anni 80, bollette e trasporti bruciano i redditi”, campeggia sul Corriere della Sera.
“Crollo dei consumi (come 30 anni fa) nuovi record per benzina e diesel", aprono angosciosamente Il Messaggero e Il Mattino di Napoli.
Tutti visibilmente turbati, sconvolti e stupiti per il calo dei consumi, anche alimentari, di un punto e mezzo percentuale, rilevato nel recente rapporto di Intesa San Paolo. Tutti a domandarsi come sia possibile una simile iattura, quasi si trattasse di una calamità naturale sfuggita al satellite e al metereologo.
Ma dov’era tutta la pletora di pennivendoli e camerieri ...
... che compone la fauna del circo mediatico e oggi si finge “preoccupata”, quando negli ultimi mesi l'usuraio che senza averne diritto siede al governo costruiva le premesse di questa situazione e di quelle ben più gravi che sperimenteremo nel prossimo futuro?
Non si trovavano in viaggio premio su Marte, né a fare i cronisti di guerra sulle lune di Orione, ma insozzavano le stesse pagine dei loro giornalacci, con lodi sperticate nei confronti del governo Monti, rappresentando lo stesso come un impavido timoniere che tramite il decreto “salva Italia” avrebbe traghettato il paese fuori dalle sabbie mobili della crisi e della recessione. Plaudivano agli aumenti indiscriminati delle tassse. Sorridevano all’incremento delle accise sulla benzina, sostenevano l’eutanasia del posto fisso e solo un paio di giorni fa condividevano con "lacrima" Fornero la preoccupazione che le famiglie italiane, qualora sostenute economicamente, potessero sedersi a mangiare pastasciutta, da congreghe di fannulloni quali sono.
Perché mai stupirsi delle (prime) conseguenze di una serie di manovre economiche di carattere esclusivamente recessivo, attraverso le quali l’usuraio ha dato il via ad una profonda operazione di trasferimento di ricchezza dalle tasche delle famiglie ai forzieri delle banche di proprietà dei suoi padroni?
Come si può stupirsi del fatto che le famiglie, con il potere d’acquisto dei salari sempre più basso, le prospettive di lavoro sempre più precarie, i prezzi dei generi di consumo sempre più alti, la benzina alle stelle e l’IVA che fra qualche mese raggiungerà il 23%, inizino a consumare di meno?
Giornalisti, , economisti ed imbratta carta che danno vita ai media mainstream erano forse dell’opinione che i “consumatori” italiani avrebbero iniziato a stampare euro nel buio delle proprie cantine, per continuare a consumare a più non posso, nonostante i salassi ed il futuro plumbeo che incombe sulle loro teste? O si sarebbero precipitati in stato di trance all’interno degli ipermercati, per dare vita ad un’ultima cena a base di caviale e champagne, prima di fuggire sotto a un ponte, dove perfino Equitalia non potrebbe pignorare loro nulla?
Gli italiani staranno anche seduti (come dice lacrima Fornero), perché sulla sedia si risparmiano calorie, ma non possono fare altro che mangiare meno pastasciutta e rendere visita più raramente alla pompa di benzina.
A meno che vadano in giro a rubare o vengano stipendiati dai banchieri, come i tecnici ed i giornalisti, non potrebbero oggettivamente fare altrimenti, perché allora tanto ipocrita stupore, dispensato a pioggia su giornali e TV?
Marco Cedolin
lunedì 30 gennaio 2012
I Forconi siciliani sono l'emblema di un mondo che cambia
Non so quanta “fortuna” avrà la protesta dei Forconi che sta paralizzando la Sicilia, così come non conosco le prospettive di una movimentazione che sembra manifestarsi (per la prima volta in Italia) realmente trasversale, abiurando i partiti e tentando di mettere nel cassetto le divisioni settarie fra “rossi e neri” che da sempre minano alla radice qualsiasi battaglia in questo disgraziato paese, conducendola ogni volta sul binario morto della diffidenza e dei distinguo.
Ma la protesta dei Forconi mi piace, non solamente perché da l’impressione di un movimento di popolo che si ritrova nella difesa del proprio futuro e sputa in faccia alle differenze, ma anche perché rompe profondamente con un passato fatto di manifestazioni in piazza con le varie bandierine di partito……
tutti lì, a discutere quale striscione debba sfilare prima dell’altro, in base a gerarchie decise la notte prima durante concitate riunioni fra i vari gruppi, partiti e partitucoli. Tutti lì a marciare in fila come pecore belanti, per fare folklore e difendere una causa (quale essa sia) che sistematicamente resterà inascoltata. E poi tutti a casa, compiaciuti per una reazione, ahimè immaginifica, dopo non aver ottenuto alcun risultato che prescinda dalla costruzione della carriera politica di qualche leader rampante in cerca di gloria.
Un passato fatto di banchetti, finalizzati alle firme per un referendum che non verrà mai realizzato e anche se arrivasse fino alle urne non cambierebbe assolutamente nulla.
Un passato fatto di volantinaggi nei mercati e nei centri cittadini, come tanti Don Chisciotte, impegnati nel tentativo di alfabetizzare l’un per cento dell’opinione pubblica teledipendente, mentre il restante 99% si divide fra chi passa oltre infastidito e chi ha ormai realizzato che non serve a nulla.
Un passato di coreografie, colorate del colore dei partiti, utili solo all’autocompiacimento, che non hanno mai spostato di una virgola le decisioni di chi gestisce il potere, ma hanno sempre indotto i cittadini a sostare su un binario morto, in attesa non si comprende di che e in ossequio al politicamente corretto.
La protesta dei Forconi, caso più unico che raro, esce da questa logica consolidata, cogliendo l’unico vero senso di una protesta, consistente nell’ottenere qualcosa di concreto. E comprende che per ottenerlo non bastano girotondi e marcette folkloristiche, occorre detrminare disagi, tentare di paralizzare il paese e creare un problema politico che costringa il governo a tornare sui propri passi.
Probabilmente i Forconi siciliani non riusciranno ad ottenere tutto ciò, magari cadranno rovinosamente a terra, ammazzati dalle calunnie e dal discredito che i “dipendenti” dei partiti e partitucoli già stanno riversando loro addosso in quantità industriale, o magari riusciranno, nonostante il fango a far sentire a lungo la propria voce, come gli auguro di cuore.
Una cosa però è certa, i Forconi hanno tracciato una via diversa e praticabile, che mette in luce tutta l’ipocrita messinscena che ha menato per il naso fino ad oggi chi voleva protestare con tanta buona fede e altrettanta buona volontà. A questo punto si tratta solo di percorrerla.
Marco Cedolin
Ma la protesta dei Forconi mi piace, non solamente perché da l’impressione di un movimento di popolo che si ritrova nella difesa del proprio futuro e sputa in faccia alle differenze, ma anche perché rompe profondamente con un passato fatto di manifestazioni in piazza con le varie bandierine di partito……
tutti lì, a discutere quale striscione debba sfilare prima dell’altro, in base a gerarchie decise la notte prima durante concitate riunioni fra i vari gruppi, partiti e partitucoli. Tutti lì a marciare in fila come pecore belanti, per fare folklore e difendere una causa (quale essa sia) che sistematicamente resterà inascoltata. E poi tutti a casa, compiaciuti per una reazione, ahimè immaginifica, dopo non aver ottenuto alcun risultato che prescinda dalla costruzione della carriera politica di qualche leader rampante in cerca di gloria.
Un passato fatto di banchetti, finalizzati alle firme per un referendum che non verrà mai realizzato e anche se arrivasse fino alle urne non cambierebbe assolutamente nulla.
Un passato fatto di volantinaggi nei mercati e nei centri cittadini, come tanti Don Chisciotte, impegnati nel tentativo di alfabetizzare l’un per cento dell’opinione pubblica teledipendente, mentre il restante 99% si divide fra chi passa oltre infastidito e chi ha ormai realizzato che non serve a nulla.
Un passato di coreografie, colorate del colore dei partiti, utili solo all’autocompiacimento, che non hanno mai spostato di una virgola le decisioni di chi gestisce il potere, ma hanno sempre indotto i cittadini a sostare su un binario morto, in attesa non si comprende di che e in ossequio al politicamente corretto.
La protesta dei Forconi, caso più unico che raro, esce da questa logica consolidata, cogliendo l’unico vero senso di una protesta, consistente nell’ottenere qualcosa di concreto. E comprende che per ottenerlo non bastano girotondi e marcette folkloristiche, occorre detrminare disagi, tentare di paralizzare il paese e creare un problema politico che costringa il governo a tornare sui propri passi.
Probabilmente i Forconi siciliani non riusciranno ad ottenere tutto ciò, magari cadranno rovinosamente a terra, ammazzati dalle calunnie e dal discredito che i “dipendenti” dei partiti e partitucoli già stanno riversando loro addosso in quantità industriale, o magari riusciranno, nonostante il fango a far sentire a lungo la propria voce, come gli auguro di cuore.
Una cosa però è certa, i Forconi hanno tracciato una via diversa e praticabile, che mette in luce tutta l’ipocrita messinscena che ha menato per il naso fino ad oggi chi voleva protestare con tanta buona fede e altrettanta buona volontà. A questo punto si tratta solo di percorrerla.
Marco Cedolin
Madri attenzione: allattare fa male
Ormai siamo alla pura follia: una ricerca scientifica del CDC (Center for Disease Control) ha stabilito che il latte materno impedisce ad un certo vaccino di funzionare al meglio nel corpo del neonato, e quindi… suggeriscono di evitare l’allattamento al seno.
Non stiamo scherzando. La ricerca si intitola “Inhibitory effect of breast milk on infectivity of live oral rotavirus vaccines” (Effetto inibitorio del latte materno sulla infettività del vaccino orale rotavirus vivo) e la trovate qui.
Una ricerca simile si domanda se il latte materno possa interferire con il vaccino rotavirus, mentre una terza conferma che la madre passi al bambino gli anticorpi per combattere il rotavirus tramite l’allattamento.
In altre parole, ci si lamenta che il latte materno impedisca di immunizzare il bambino, infettandolo intenzionalmente con il rotavirus, quando il bambino è già perfettamente in grado di distruggere il virus per conto suo.
La differenza, naturalmente, è che il latte materno non costa nulla, mentre il vaccino te lo vende la casa farmaceutica.
Non vi ricorda niente, questo strano meccanismo perverso? Pensateci bene...
Come si fa a quintuplicare in pochi anni il budget del Pentagono? Si toglie alla difesa aerea la capacità di intervenire, bloccando alcuni punti nevralgici della catena di comando. Poi si fanno “attaccare” gli Stati Uniti da una banda di dirottatori qualunque, causando una catastofe impressionante, che scatena nella gente una tale paura e indignazione da chiedere di rafforzare al massimo una difesa che era già perfettamente in grado di respingere qualunque terrorista al mondo.
Problema, reazione, soluzione.
Solo che in questo caso hanno esagerato, perchè nel mettere sotto accusa una cosa così universalmente valida, apprezzata e insostituibile come il latte materno, persino la più distratta della persone si accorge che c’è qualcosa che non quadra.
Ma loro se ne fottono, e ci provano lo stesso. Ed hanno ragione a farlo: finchè la gente non si ribella e li manda tutti a quel paese, loro hanno solo da guadagnarci. Al massimo non ci casca nessuno, ma si può sempre riprovare.
Massimo Mazzucco
Un articolo che critica la ricerca del CDC, arrivando a definirla "ridicola".
(Grazie a Musicband per la segnalazione).
Non stiamo scherzando. La ricerca si intitola “Inhibitory effect of breast milk on infectivity of live oral rotavirus vaccines” (Effetto inibitorio del latte materno sulla infettività del vaccino orale rotavirus vivo) e la trovate qui.
Una ricerca simile si domanda se il latte materno possa interferire con il vaccino rotavirus, mentre una terza conferma che la madre passi al bambino gli anticorpi per combattere il rotavirus tramite l’allattamento.
In altre parole, ci si lamenta che il latte materno impedisca di immunizzare il bambino, infettandolo intenzionalmente con il rotavirus, quando il bambino è già perfettamente in grado di distruggere il virus per conto suo.
La differenza, naturalmente, è che il latte materno non costa nulla, mentre il vaccino te lo vende la casa farmaceutica.
Non vi ricorda niente, questo strano meccanismo perverso? Pensateci bene...
Come si fa a quintuplicare in pochi anni il budget del Pentagono? Si toglie alla difesa aerea la capacità di intervenire, bloccando alcuni punti nevralgici della catena di comando. Poi si fanno “attaccare” gli Stati Uniti da una banda di dirottatori qualunque, causando una catastofe impressionante, che scatena nella gente una tale paura e indignazione da chiedere di rafforzare al massimo una difesa che era già perfettamente in grado di respingere qualunque terrorista al mondo.
Problema, reazione, soluzione.
Solo che in questo caso hanno esagerato, perchè nel mettere sotto accusa una cosa così universalmente valida, apprezzata e insostituibile come il latte materno, persino la più distratta della persone si accorge che c’è qualcosa che non quadra.
Ma loro se ne fottono, e ci provano lo stesso. Ed hanno ragione a farlo: finchè la gente non si ribella e li manda tutti a quel paese, loro hanno solo da guadagnarci. Al massimo non ci casca nessuno, ma si può sempre riprovare.
Massimo Mazzucco
Un articolo che critica la ricerca del CDC, arrivando a definirla "ridicola".
(Grazie a Musicband per la segnalazione).
La Grecia dice no agli usurai di Bruxelles
Con un gesto compatto di orgoglio, la Grecia ha respinto la proposta della Germania di imporre al governo di Atene un “commissario europeo” che abbia diritto di veto sulle loro scelte di tipo economico.
In altre parole, un personaggio che dica chiaramente ai greci cosa possono e cosa non possono fare con i soldi che hanno a disposizione.
Invece di mandare un finto salvatore - come si è fatto da noi – che porti avanti l’agenda di Bruxelles travestito da primo ministro, si cerca ora di creare la figura di un cane da guardia che sia autorizzato ad imporre la stessa agenda direttamente dall’estero, alla luce del sole. In fondo, si tratta solo di evitare l’ipocrisia, rendendo palese quello che già avveniva dietro le quinte.
Ma questo evidentemente è stato troppo per i governanti greci, che si sono ribellati con sdegno a questa possibilità. “Il governo greco non potrà mai accettare un accordo del genere” ha detto il ministro della cultura Yeroulanos, parlando a nome di tutta la maggioranza. Il portavoce del governo Kapsis ha aggiunto che il “budget nazionale è sotto la responsabilità del governo greco, e non c’è alcun bisogno di una misura del genere”.
Certo, è facile fare gli sdegnati, quando sai benissimo che la popolazione non accetterebbe comunque quelle misure, per cui ne approfitti almeno per fare un pò il bullo davanti ai tuoi elettori. Ma il succo è che la popolazione non accetterebbe mai quelle misure, per cui la sostanza del problema non cambia.
Quest’idea del “commissario” europeo con potere di veto è stata giustificata …
… dal fatto che “le misure prese dalla Grecia per ridurre il proprio deficit non sembrano sufficienti”, ma in realtà l’idea sembra far parte di un programma a lungo termine, inteso a portare progressivamente tutte le economie europee sotto un controllo centralizzato. Già lo scorso 7 dicembre – quando ancora non si poteva giudicare la “bontà” delle scelte fatte dalla Grecia - Angela Merkel chiedeva un “meccanismo di controllo delle crisi monetarie”, e proponeva “un trattato europeo per porre il veto ai bilanci nazionali dei paesi europei che violassero la cosiddetta regola d’oro sul deficit”. Tale regola prevede che una nazione non possa farsi prestare annualmente più del 3% del prodotto nazionale lordo, e fu introdotta nel 1997, durante il periodo di gestazione dell’Euro.
La cosa divertente è che fu proprio la Germania a violare per prima questa regola, dopo che fu introdotta sotto pressante insistenza del ministro delle finanze tedesco Weigel. Ma forse loro sapevano già di potersi permettere di “sforare”, perchè hanno comunque la capacità di ripagare un debito annuo superiore al 3% del PIL, mentre con il loro comportamento “birichino” avrebbero indotto altri paesi, meno solidi di loro, a fare la stessa cosa, salvo poi ritrovarsi con le mutande in mano.
Sarà un caso, ma furono proprio la Grecia e l’Italia ad esagerare nel superare quel limite, e sono oggi queste due nazioni a soffrire più di ogni altra per le loro “birichinate”.
Ma la perversità del meccanismo dell’usura globale non finisce qui. Sono in corso in questi giorni le trattative fra la Grecia e l’Institute of International Finance (IIF), che rappresenta i creditori del debito greco, per cercare di risolvere la situazione attuale. Il debito greco ammonta a 15 miliardi di euro, e la scadenza massima per ripagarlo è fissata per la fine di marzo. (Se la Grecia non riuscisse a pagarlo andrebbe in default, o comunque pagherebbe una cifra arbitraria, molto inferiore al dovuto, che metterebbe in crisi l’intero sistema dell’euro).
Per “aiutare” i greci a saldare il proprio debito la IFF è disposta a ridurlo della metà, prestando al governo di Atene la cifra necessaria per pagare il resto in forma di nuovi buoni del tesoro, emessi appositamente. Curiosamente il presidente dell’IFF è anche il presidente della Deutsche Bank, ma questa è solo una coincidenza che giustamente i media hanno scelto di ignorare.
In altre parole: tu mi devi 100 euro, ma non hai un centesimo in tasca. Io ti dimezzo il debito, nel nome del creditore, e ti presto i 50 euro con cui pagarmi il resto, nel nome del prestatore. Naturalmente quei 50 euro diventano un nuovo debito da parte tua, che mi restituirai nel tempo con i dovuti interessi. Per ora però le trattative sono incagliate, perchè i greci sono disposti a pagare al massimo il 3,5 % di interesse annuo, mentre la IFF vuole portare a casa almeno il 4%. Oh ragazzi, quel che è giusto è giusto. Va bene aiutare i bisognosi, ma mica siamo qui a fare della beneficienza.
Chi ancora non ha capito dove sta il trucco si faccia vedere da uno psichiatra, perchè ha dei grossi problemi nel percepire la realtà che lo circonda.
Massimo Mazzucco
In altre parole, un personaggio che dica chiaramente ai greci cosa possono e cosa non possono fare con i soldi che hanno a disposizione.
Invece di mandare un finto salvatore - come si è fatto da noi – che porti avanti l’agenda di Bruxelles travestito da primo ministro, si cerca ora di creare la figura di un cane da guardia che sia autorizzato ad imporre la stessa agenda direttamente dall’estero, alla luce del sole. In fondo, si tratta solo di evitare l’ipocrisia, rendendo palese quello che già avveniva dietro le quinte.
Ma questo evidentemente è stato troppo per i governanti greci, che si sono ribellati con sdegno a questa possibilità. “Il governo greco non potrà mai accettare un accordo del genere” ha detto il ministro della cultura Yeroulanos, parlando a nome di tutta la maggioranza. Il portavoce del governo Kapsis ha aggiunto che il “budget nazionale è sotto la responsabilità del governo greco, e non c’è alcun bisogno di una misura del genere”.
Certo, è facile fare gli sdegnati, quando sai benissimo che la popolazione non accetterebbe comunque quelle misure, per cui ne approfitti almeno per fare un pò il bullo davanti ai tuoi elettori. Ma il succo è che la popolazione non accetterebbe mai quelle misure, per cui la sostanza del problema non cambia.
Quest’idea del “commissario” europeo con potere di veto è stata giustificata …
… dal fatto che “le misure prese dalla Grecia per ridurre il proprio deficit non sembrano sufficienti”, ma in realtà l’idea sembra far parte di un programma a lungo termine, inteso a portare progressivamente tutte le economie europee sotto un controllo centralizzato. Già lo scorso 7 dicembre – quando ancora non si poteva giudicare la “bontà” delle scelte fatte dalla Grecia - Angela Merkel chiedeva un “meccanismo di controllo delle crisi monetarie”, e proponeva “un trattato europeo per porre il veto ai bilanci nazionali dei paesi europei che violassero la cosiddetta regola d’oro sul deficit”. Tale regola prevede che una nazione non possa farsi prestare annualmente più del 3% del prodotto nazionale lordo, e fu introdotta nel 1997, durante il periodo di gestazione dell’Euro.
La cosa divertente è che fu proprio la Germania a violare per prima questa regola, dopo che fu introdotta sotto pressante insistenza del ministro delle finanze tedesco Weigel. Ma forse loro sapevano già di potersi permettere di “sforare”, perchè hanno comunque la capacità di ripagare un debito annuo superiore al 3% del PIL, mentre con il loro comportamento “birichino” avrebbero indotto altri paesi, meno solidi di loro, a fare la stessa cosa, salvo poi ritrovarsi con le mutande in mano.
Sarà un caso, ma furono proprio la Grecia e l’Italia ad esagerare nel superare quel limite, e sono oggi queste due nazioni a soffrire più di ogni altra per le loro “birichinate”.
Ma la perversità del meccanismo dell’usura globale non finisce qui. Sono in corso in questi giorni le trattative fra la Grecia e l’Institute of International Finance (IIF), che rappresenta i creditori del debito greco, per cercare di risolvere la situazione attuale. Il debito greco ammonta a 15 miliardi di euro, e la scadenza massima per ripagarlo è fissata per la fine di marzo. (Se la Grecia non riuscisse a pagarlo andrebbe in default, o comunque pagherebbe una cifra arbitraria, molto inferiore al dovuto, che metterebbe in crisi l’intero sistema dell’euro).
Per “aiutare” i greci a saldare il proprio debito la IFF è disposta a ridurlo della metà, prestando al governo di Atene la cifra necessaria per pagare il resto in forma di nuovi buoni del tesoro, emessi appositamente. Curiosamente il presidente dell’IFF è anche il presidente della Deutsche Bank, ma questa è solo una coincidenza che giustamente i media hanno scelto di ignorare.
In altre parole: tu mi devi 100 euro, ma non hai un centesimo in tasca. Io ti dimezzo il debito, nel nome del creditore, e ti presto i 50 euro con cui pagarmi il resto, nel nome del prestatore. Naturalmente quei 50 euro diventano un nuovo debito da parte tua, che mi restituirai nel tempo con i dovuti interessi. Per ora però le trattative sono incagliate, perchè i greci sono disposti a pagare al massimo il 3,5 % di interesse annuo, mentre la IFF vuole portare a casa almeno il 4%. Oh ragazzi, quel che è giusto è giusto. Va bene aiutare i bisognosi, ma mica siamo qui a fare della beneficienza.
Chi ancora non ha capito dove sta il trucco si faccia vedere da uno psichiatra, perchè ha dei grossi problemi nel percepire la realtà che lo circonda.
Massimo Mazzucco
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