Dopo un braccio di ferro durato quasi sei mesi, l'amministrazione
americana ha dovuto finalmente scusarsi con il Pakistan per i soldati
uccisi "per sbaglio", vicino al confine con l'Afghanistan.
L'impossibilità
di continuare a rifornire regolarmente gli oltre 100.000 soldati
presenti in Afghanistan, ma soprattutto l'impossibilità di organizzare
un ritiro ragionevole di questo mostruoso esercito di invasione - a
causa della chiusura del confine - ha obbligato Hillary Clinton ad
alzare la cornetta del telefono e a chiamare il suo corrispettivo
pakistano Khar.
"Ci dispiace per la morte dei militari pakistani - ha detto - e offriamo le nostre più sentite condoglianze ai loro familiari".
Tutto qui.
Per
cavare queste 15 parole dalla bocca del ministro degli esteri americano
ci sono voluti più di sei mesi di trattative, di offerte, ricatti e
controricatti incrociati. Questo la dice lunga sulla mentalità che regna
al Pentagono, ...
.... secondo la quale, per principio, "l'America non deve mai chiedere scusa a nessuno."
Come
abbiamo già scritto in precedenza, molti avevano pronosticato che
l'Afghanistan sarebbe diventato per gli Stati Uniti un secondo Vietnam.
Ora che la conclusione si avvicina, tornano alla mente le penose
immagini degli ultimi elicotteri americani che fuggono da Saigon con la
coda fra le gambe. La cosa rischia di ripetersi, moltiplicata per 1000, e
questa volta avverrà sotto gli occhi di tutti.
Il passaggio a
sud infatti sarà concesso, e le tariffe di frontiera resteranno
immutate, ma nessuno garantirà mai la protezione dei convogli americani
dagli attacchi dei Talebani, che sembrano muoversi in Pakistan come se
fossero a casa loro (v. foto).
Se il ritiro dal Vietnam ha
rappresentato per gli americani un momento di imbarazzo, questo
diventerà per loro un marchio di ignominia indelebile.
Che tutta la vergogna del mondo sia sempre con loro.
Massimo Mazzucco
Nessun commento:
Posta un commento